Marc Marquez: campione speciale

Introverso, educato, ma velocissimo e aggressivo in pista
Marc Marquez: campione speciale

16 nov 2010

A Valencia Marc Marquez ha raggiunto il podio portando un numero uno gigantesco, agganciato al corpo. Questa scena ha ricordato ciò che fece Valentino Rossi nel 1997. Ma il piccolo Marc non ha voluto parlare troppo di questa similitudine: «Io non sono abituato a certe cose e non so cosa si deve dire o fare in momenti come questi. Quindi dico che sono felice, tanto felice, perché si realizza un sogno che ho avuto sin dai primi momenti in cui sono salito in moto».

Quindi la gara di Valencia è stata facile?
«Alla fine sì, ma nel primo giro mi sono un po’ agitato, perché non sapevo bene cosa fare. Da un lato volevo andare davanti, dall’altro non volevo rischiare di andare per terra. Poi mi sono messo dietro Terol, senza pensare a Smith che era davanti, e ho deciso di stare lì per un po’».

In effetti hai dato l’idea di non voler partecipare a nessun duello. Nemmeno quando è arrivato Espargaró.
«Sì, è così: secondo me avevo il passo per vincere, ma ho pensato che un titolo mondiale è più importante della vittoria di una gara. Ho cercato di tenere un ritmo che mi permettesse di stare con i primi, per controllare la situazione, senza rischiare».

Qual è stato il momento più importante?
«Tutto il campionato è stato difficile, perché il livello era molto alto. La vittoria al Mugello è stata la più importante, perché mi ha sbloccato. È stata importante anche quella di Misano. Ad Aragon ho vissuto un momento molto delicato, però mi sono ripreso subito. In fondo anche la vittoria di Estoril è stata importante, per il modo in cui ho rimontato. Lì ho capito che avevo davvero in mano la situazione».

Si può dire che ti eri preoccupato per niente, vista la tua superiorità?
«Ho vinto tanto, però non mi sono mai potuto rilassare. Ho sempre cercato di essere veloce, pensando più a vincere le gare che a gestire la situazione. Comunque Terol mi ha sempre obbligato a dare tutto».

E ora, la Moto2.
«A questo punto devo fare un passo avanti, per continuare a crescere, quindi devo fare nuove esperienze: la Moto2 è un passaggio logico. Se sono in questa condizione è merito anche della mia squadra, il Team Ajo, che mi ha permesso non solo di avere una moto perfetta, ma anche di fare una grandissima esperienza nella 125».

Cosa ti ha detto il principe Felipe, a fine gara?
«Ero così sballottato da tutti quelli che mi urlavano qualcosa, che ho fatto fatica a capire. Comunque è stato bello: prima mi ha detto che lui, nella sua posizione, non poteva fare il tifo per me (Marc lottava con altri spagnoli ndr), ma alla fine è venuto a farmi i complimenti. È stato molto emozionante, mi sento onorato».

E i tuoi avversari ti hanno fatto i complimenti?
«Mi hanno fatto piacere i complimenti di Nico Terol. È stato un avversario forte, si sarebbe meritato anche lui il titolo. Ma per coincidenze varie, per come ho corso io quest’anno, e forse anche per il destino, alla fine ho vinto io. E sono felice così».

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